Che l’Italia si desti.
Ci troviamo, dunque, a ridosso delle elezioni. Tra le più sentite degli ultimi anni, queste ultime stanno creando e alimentando un clima “da derby” in tutta la Penisola. Tra destra e sinistra, stiamo assistendo ad una vera e propria battaglia campale, a suon di pillole del giorno, vittimismi beceri e attacchi ingiustificati. Nonostante possa sembrare uno scenario degno dell’Iliade, la realtà, quantomeno per noi giovani, è fortemente deludente. Le ambientazioni di questa battaglia, infatti, non sono le sgargianti pianure marittime del paradisiaco territorio ellenico, ma, piuttosto, degli aridi deserti spogli. Contenutisticamente parlando, infatti, i partiti in corsa sembrano riservare davvero poco spazio al futuro di noi giovani; ad essere sinceri, bisogna a malincuore ammettere che il partito più vicino alle istanze giovanili sembra essere il PD. Insomma, davvero poca roba. Come fare, quindi, a scegliere saggiamente in questo universo capeggiato dai contrapposti Meloni e Letta?
Sembrerà strano, ma la soluzione non sta nei programmi e nelle proposte.
Vi dirò di più: i programmi elettorali non valgono niente, almeno per questa volta. Mi chiedo se ciò che sto per dirvi sia all’altezza di un articolo di politica in un momento così delicato, ma così è. Il problema dei programmi espressi dai vari schieramenti non è il contenuto, né tantomeno la propaganda, che sta raggiungendo livelli imbarazzanti di superficialità, bensì, la loro “vuotezza utilitaristica” in un momento come questo. Certamente, i punti programmatici degli schieramenti contengono un carattere ben definito ed evidente, ma non è leggendoli tutti, con minuzia, che si arriva alla soluzione sul chi votare. Ancora, non è facendo i calcoli, con tanto di numeri con la virgola, sulla sostenibilità delle proposte che si capirà quale sia la scelta migliore. Potrebbe sembrare eccessivamente poetico e melenso, ma, credetemi, questa volta la politica è una questione di cuore. E per vincere una questione di cuore bisogna lasciarsi trasportare dal sentimento, dalle emozioni e dalla passione, tenendo lontani quei tecnicismi che attanagliano la politica italiana dalla nomina di Monti.
Il popolo necessita di uno scossone emotivo; e se è vero che siamo in democrazia e che il popolo è l’elemento più forte e di maggior potere, si consegnino le armi al popolo. Bisogna dare a quest’ultimo i mezzi necessari per esprimere al meglio la propria identità, la propria cultura, le proprie radici. Si lasci che il popolo faccia la parte del popolo.
Da anni, infatti, la componente popolare procede verso una cancrena fatale, che la infiacchisce e la rende un peso morto per un Paese morente. Il popolo pare non essere più in grado di essere l’animo dinamico di cui una democrazia necessita inevitabilmente: il nucleo della democrazia sta collassando. Proprio per questo motivo, si faccia in modo che in queste elezioni le emozioni prevalgano; si lasci che le emozioni prendano il sopravvento e diano, finalmente, al popolo il modo di esprimersi. Si dica basta ai tecnicismi, ai programmi sempre uguali, alle statistiche sugli operati passati e si dia campo aperto al cuore politico degli Italiani.
Sempre per questo motivo, l’emozione ha bisogno di essere alimentata, come legna in un caminetto; non accontentiamoci esclusivamente che l’emozione influenzi il voto, bensì, che il voto si basi sulle emozioni.
Necessitiamo, infatti, di una classe dirigente che ci emozioni e che renda la fiamma nel caminetto un fuoco che arde incessantemente. Non si tratta di politica che parla alla pancia, sia chiaro, bensì, di quella politica che accende la passione, l’orgoglio e la fedeltà alla nostra Nazione. Abbiamo bisogno di sentirci legati all’Italia come mai prima d’ora e, perché ciò avvenga, abbiamo bisogno di qualcuno che ci ricordi quanto possiamo essere grandi.
In sostanza, per fare concretamente bene e avere il coraggio di buttarci in un programma di crescita e sviluppo a lungo termine, abbiamo bisogno di quella self-confidence che ci manca da anni. Ci serve un moto d’orgoglio, in chiave patriottica e popolare.
Anche in chiave economica, tale principio trova delle conferme; è keynesiana, infatti, la teoria per la quale l’investimento statale in opere pubbliche generasse un’impressione positiva e un’influenza psicologica evidente nelle menti degli uomini d’affari; è, infatti, di ragionevole comprensione il motivo per cui un cittadino traduca l’investimento da parte dello Stato strettamente legato a nuove occasioni di investimento dal quale trarre vantaggio economico, portandolo, di conseguenza, ad investire. In altre parole, la attese soggettive degli uomini d’affari o, in generale, dei cittadini, hanno un effetto positivo sul volume di investimenti generato; ad aspettative negative, invece, corrisponde un trattenimento di denaro.
Bene, questo discorso è facilmente traducibile in termini politici. Parafrasando il concetto keynesiano è facile giungere a comprendere come lo stesso discorso possa essere fatto in termini di capacità strategiche, economiche e politico-diplomatiche; la fiducia nello Stato, dunque, è un ingrediente fondamentale per la creazione di un circolo virtuoso che generi produttività.
Non è mia intenzione indicare esplicitamente chi si debba votare affinché l’Italia torni prospera. Mi pare evidente, però, che tra le due coalizioni sia il centro-destra ad avere una maggiore considerazione del reale valore che questo paese debba avere. Mi pare, insomma, che il centro-destra, tramite la sua tripartizione coesa, riesca a coprire al meglio, in forme diverse e complementari, le esigenze di cui sopra. Sembra esserci davvero il giusto entusiasmo e la giusta considerazione di un popolo: c’è la volontà di armare la democrazia, tramite la difesa della nostra Nazione da ingerenze esterne, le giuste pretese all’Europa e la promozione del nostro prodotto.
Poi è chiaro che ognuno si emoziona a modo proprio e quest’ultima sia una considerazione personale; ciò che conta davvero è l’invito che ho espresso nei primi paragrafi: non ci si arrovelli sui programmi, non ci si abbandoni all’asetticità del non-voto e non si abbia paura, ma si lasci spazio alle emozioni!
Andrea Altamura