Il Movimento 5 Stelle è divenuto ormai la seconda forza politica numericamente rilevante del Parlamento italiano in seguito alla scissione di Di Maio sta attraversando ormai da settimane una fase di profondo rinnovamento. Un rinnovamento questo che però viene controbilanciato dall’attaccamento mostrato da Giuseppe Conte a quelli che sono i valori ed i principi fondanti del Movimento stesso. L’ultimo articolo si è concluso proprio con una riflessione su questo punto, e cioè ci siamo chiesti: sarà il movimento guidato da Conte capace di rimanere attaccato ai suoi valori pur rinnovandosi profondamente?
La domanda potrebbe essere posta più chiaramente, può il Movimento restare fedele al vincolo dei 2 mandati e rimanere integro senza nuove scissioni o controversie? La risposta data dal Presidente è stata di senso positivo ed infatti nel corso delle c.d. “Parlamentarie” del Movimento, il leader pentastellato ha indicato una rosa di 15 nomi da lui definiti di alto profilo, provenienti dalla migliore crema della società civile e profondamente legati alle battaglie ed ai temi cari al suo Movimento politico, aggiungendo poi che queste battaglie e questi temi riguardano un’autentica transizione ecologica ed energetica, rivendicando su questo ultimo punto che il suo gruppo è stato il primo a proporre l’idea di un tetto sul prezzo del gas,che riguardano una lotta a favore dei diritti e in particolare modo ciò che concerne le politiche del lavoro.
Eppure molti hanno visto in questi 15 candidati una sorta di listino bloccato dell’ex premier e qualcuno si è spinto oltre affermando che si tratterebbe dei c.d. “Fedelissimi” di Giuseppe Conte. Ovviamente la composizione delle liste è questione complicata per tutti i partiti ma ciò che ha stupito è che Conte abbia personalmente investito ed incensato queste persone muovendosi in un contesto dove la regola, lo ricordiamo, è quella delle autocandidature.
Qualcuno come ad esempio Lucia Annunziata nel corso di un’intervista fatta al presidente durante il Programma ” in Mezz’ora” ha fatto saggiamente notare che il Movimento alle prossime elezioni non potrà avvalersi di un consenso sconfinato come 4 anni fa e che se a questo si aggiunge la recente riforma costituzionale ( cavallo di battaglia proprio dei pentastellati ) che ha ridotto il numero di parlamentari, allora la mossa di Conte può essere interpretata come una manovra per potersi prendere il Movimento e guidarlo senza voci discordanti alla Di Battista ( il quale tra l’altro afferma di non essersi potuto candidare e che il Movimento è profondamente cambiato ). Ovviamente il leader ha smorzato i toni affermando che queste persone non sono amiche di Conte ma sono realmente votati alla causa pentastellata.
Un’altra recente questione che ha tenuto banco nel fronte Progressista è quella legata alla corsa elettorale in Sicilia, dove il Movimento ha partecipato alle primarie assieme alla coalizione del campo largo per poi fare cadere Draghi e, di conseguenza, ogni ipotesi di alleanza col PD. Conte su questo punto ha giustificato la scelta di correre da soli anche sull’isola affermando che il PD starebbe candidando degli impresentabili. Nell’ultimo articolo abbiamo trattato anche di questa spaccatura, quella tra il Movimento ed il Partito Democratico, è chiaro oramai anche ai meno attenti che la parabola politica dei “Grillini” è da sempre legata indissolubilmente al Partito guidato da Enrico Letta.
Sin dagli albori infatti i 5 Stelle hanno costruito il loro consenso sulla ferma opposizione al PD e ai suoi Governi diventando per molti elettori storicamente di sinistra una chiara alternativa allo stesso Partito Democratico. Successivamente alla nascita del campo largo le 2 forze hanno cercato di coalizzarsi per rappresentare una reale e credibile alternativa al Centrodestra e quindi appare ancora più chiaro il legame esistente tra i 2 soggetti politici che potremmo definire come un legame di ” libera concorrenza”. Ma citando il Capogruppo della Lega al Senato, Romeo, Letta e Conte non sono riusciti a sminare il campo largo e quindi la loro alleanza è finita nell’inceneritore di Roma (Mastella).
Proprio l’inceneritore è il tema che ha sancito la fine dell’alleanza Progressista e in contemporanea del Governo di Unità Nazionale, con lo scambio di responsabilità reciproche tra i 2 leader, dove Letta appare sintonizzato sulla fantomatica “Agenda Draghi ” e Conte che ricordava il punto 9 del programma del suo secondo esecutivo (mai più inceneritori).
La vera questione che tra un mese ci interesserà è: Qualcuno le ha vinte le elezioni? Perché se non le vincerà il centrodestra è di tutta evidenza che quel campo largo che oggi, a 30 giorni dal voto, appare dormiente, rappresenterà la migliore scialuppa di salvataggio per coloro che ne hanno prima fatto parte e poi ne sono fuoriusciti, da Conte a Calenda passando per Renzi. E a quel punto, saremo pronti a vivere un’altra pagina di storia di quel legame tra Movimento 5 Stelle e PD un legame di “libera concorrenza”?
Samuel Bonomo