Come funziona il sistema elettorale?

Come funziona il sistema elettorale?

Nelle ultime settimane l’attenzione collettiva si è – comprensibilmente – focalizzata sulle elezioni del prossimo 25 Settembre: social media, radio, televisione, giornali hanno discusso in maniera costante dei leader di partito, delle loro uscite più o meno infelici, delle loro proposte più o meno stravaganti, facendo però spesso passare in secondo piano sia gli elementi in base ai quali gli elettori dovrebbero esprimere il proprio voto, i programmi completi che vanno oltre le proposte di copertina, sia le regole in base alle quali quel voto verrà formulato ed influirà sulla composizione di Camera dei Deputati e Senato: la legge elettorale, che nelle prossime righe cercheremo di descrivere.

 

La legge che attualmente disciplina la materia è la n. 165 del 3 novembre 2017, detta Rosatellum perché suo relatore – colui che coordina i lavori sul testo al Senato o, in questo caso, alla Camera dei Deputati – fu Ettore Rosato, allora deputato – capogruppo – del PD ed oggi coordinatore nazionale di Italia Viva.

Il sistema elettorale che delinea è caratterizzato dalla suddivisione del territorio in circoscrizioni: 20, coincidenti con le regioni, per il Senato, e 28 per la Camera dei Deputati (escludendo in entrambi i casi le 4 circoscrizioni Europa, America Meridionale, America Settentrionale e Centrale, Africa-Asia-Oceania e Antartide, riservate ai nostri concittadini residenti all’estero); ciascuna di queste circoscrizioni è divisa a sua volta in una pluralità di collegi (49 in totale per la Camera, 26 per il Senato) i cui residenti concorrono alla scelta degli eletti con il metodo proporzionale, ovvero con la corrispondenza della percentuale dei voti ricevuti da ciascuna lista di candidati alla percentuale dei seggi in palio assegnati (esempio: ottenere il 20% dei voti fa vincere, anche se solo tendenzialmente per i motivi che si vedranno, il 20% dei seggi); ognuno di questi collegi, detti plurinominali in quanto vi viene selezionata una pluralità di eletti, è a sua volta diviso in un numero variabile di collegi uninominali (74 per il Senato, 147 per la Camera dei Deputati), in cui l’unico eletto viene scelto con il metodo maggioritario, ovvero (nella versione praticata in Italia) prendendo anche un solo voto in più degli avversari indipendentemente dal raggiungimento della maggioranza assoluta.

Fonte “Corriere della Sera”.

Quello del Rosatellum è quindi un sistema elettorale misto, perché non esclusivamente maggioritario o proporzionale. Un esempio pratico può essere d’aiuto nel chiarire come la legge operi: gli elettori residenti a Rieti vivono in un comune ricompreso nella circoscrizione della Camera Lazio 2, che comprende tutta la regione tranne Roma e dintorni, ed in particolare nel collegio plurinominale Lazio 2 – 01 che include anche Viterbo; questo collegio plurinominale è però composto da due collegi uninominali maggioritari, uno denominato anch’esso Lazio 2 – 01 ed incentrato su Viterbo, ed il Lazio 2 – 02 che ha come perno Rieti; in sostanza reatini e viterbesi appartengono al medesimo collegio proporzionale-plurinominale, e troveranno quindi gli stessi candidati di quella categoria sulle schede, ma a differenti collegi maggioritari-uninominali, e potranno votare solo persone differenti con quel metodo.

Ogni elettore riceverà quindi, prima di entrare nella cabina del proprio seggio, due schede: una gialla per il Senato ed una rosa per la Camera dei Deputati. La struttura di queste schede è la medesima: una serie di riquadri conterrà i soli nomi dei singoli candidati all’uninominale; al di sotto di ognuno di questi riquadri si troverà una serie di altri spazi rettangolari, ognuno dei quali occupato dall’elenco dei candidati presentati per il proporzionale da ciascuna delle liste che sostengono il candidato all’uninominale, accanto ai relativi simboli.

Un elettore del collegio uninominale Campania 1 – 02 della Camera dei Deputati troverà ad esempio sulla propria scheda, tra i vari, il nome di Luigi di Maio, al di sotto del quale saranno i listini bloccati (più avanti si esporrà il concetto) dei candidati al proporzionale scelti dal Partito Democratico e dai suoi alleati che condividono con esso la lista, da Impegno Civico di Di Maio e Tabacci, da Più Europa e da Alleanza Verdi-Sinistra, ovvero dalle liste che compongono il centro-sinistra. Il Rosatellum prevede infatti che le liste possano collegarsi tra loro, costituendo una coalizione e sostenendo candidati unici negli uninominali (è il caso del centro-destra: sulle schede sarà possibile trovare, al di sotto del nome del candidato uninominale di volta in volta indicato dai partiti, ad esempio Mariarosaria Rossi per sfidare Di Maio nel Campania 1 – 02, i listini di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Noi Moderati per il proporzionale); le coalizioni sono obbligate a presentarsi nella stessa forma in tutti i collegi del territorio nazionale (con poche eccezioni, come il Trentino – Alto Adige in cui il Terzo Polo di Italia Viva ed Azione si è coalizzato con il centro-sinistra di cui è avversario nel resto d’Italia). In alternativa una lista non collegata ad altre può sostenere autonomamente un proprio candidato all’uninominale: è stata la scelta del Terzo Polo e delle formazioni critiche nei confronti del Governo Draghi come Italexit, Unione Popolare, Alternativa per l’Italia, Italia Sovrana e Popolare. 

Ciascun elettore potrà esprimere il voto in 3 modi differenti: innanzitutto, non essendo previsto il voto disgiunto, non potrà sostenere all’uninominale il candidato espressione di una lista o coalizione ed al proporzionale un listino collegato ad un altro candidato dell’uninominale (L’elettore campano del nostro esempio non potrà votare per Di Maio, presentato dal centro-sinistra, all’uninominale e per Fratelli d’Italia, che in quel collegio sostiene Mariarosaria Rossi, al proporzionale); potrà invece contrassegnare il nome del candidato all’uninominale ed il simbolo di uno dei listini collegati; potrà spuntare il solo simbolo del listino, assegnando automaticamente in maniera implicita il proprio voto per la quota maggioritaria al candidato uninominale collegato al listino scelto; potrà invece optare per crocettare esclusivamente il nome del candidato nel collegio uninominale, facendo sì che il suo voto per la quota proporzionale venga ripartito tra i listini collegati a quel candidato proporzionalmente alle scelte degli altri elettori (esempio: se nella coalizione delle liste A, B e C il listino A ha ottenuto il 60% dei voti al plurinominale, il B il 30% ed il C il 10%, ciascun voto inespresso diventerà 3 / 5 di voto per A, 3 / 10 di voto per B e 1 / 10 di voto per C) .

Inciso sui listini bloccati: il loro nome deriva dall’essere di dimensione contenuta (minimo 2, massimo 4 candidati) e dal fatto che l’ordine dei candidati, che vengono scelti dai vertici delle liste nazionali nelle modalità preferite (indicazioni dal territorio, primarie, nomine dirette), sia vincolante: l’elettore non può esprimere preferenze, e non può quindi scegliere nel listino di sostenere un candidato in particolare a discapito degli altri; può solo votare il listino nella speranza che per esso scattino abbastanza seggi da vedere eletto il proprio candidato di riferimento, che magari è ultimo dell’elenco e la cui elezione è quindi più improbabile: l’ordine di listino sarà in sostanza anche l’ordine di eventuale elezione. 

Nei listini si è inoltre obbligati a rispettare l’alternanza di genere, ed in generale non più del 60% dei candidati all’uninominale e dei capilista lo eleggere.

Grafica del “Mattino”

  

Passiamo al dibattuto tema delle soglie di sbarramento: Si tratta di soglie minime di voti da ottenere per poter effettivamente partecipare alla divisione dei seggi nei collegi plurinominali; il Rosatellum prevede le seguenti: 

  1. La lista non facente parte di una coalizione deve aver superato il 3% dei voti espressi a livello nazionale. 
  2. In alternativa, e solo per il Senato, la lista non facente parte di una coalizione deve aver superato il 20% dei voti espressi in una singola regione.
  3. Le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute presentate esclusivamente nelle regioni a statuto speciale in cui sia prevista una particolare tutela di tali minoranze devono aver superato il 20% dei voti espressi nella regione in questione od aver ottenuto l’elezione, in quella circoscrizione, di almeno due candidati all’uninominale. 
  4. Le coalizioni devono aver superato il 10% dei voti espressi a livello nazionale, a condizione che una delle liste che ne fanno parte superi anche una delle altre soglie; le liste che non superano una delle soglie e non superano neanche la soglia dell’1% non partecipano alla ripartizione ed i loro voti non vengono calcolati per verificare se la coalizione raggiunga il 10% dei voti espressi a livello nazionale; le liste che non superano una delle soglie ma superano la soglia dell’1% non partecipano alla ripartizione ma concorrono all’eventuale raggiungimento del 10% (e svolgono quindi un ruolo importante per la propria coalizione, aiutandola a superare la soglia di sbarramento); in caso di mancato raggiungimento della soglia del 10% la lista facente parte della coalizione che superi una delle altre soglie accede comunque alla ripartizione. 

 

Qual è il ruolo di queste soglie di sbarramento? la loro funzione è quella di impedire che partiti in grado di riscuotere pochi consensi accedano comunque a Camera e Senato diventando vitali per la costituzione di maggioranze da parte di partiti più imponenti, scelti da più elettori, nel caso in cui i numeri dei gruppi parlamentari di questi non bastassero per raggiungere una maggioranza; le soglie di sbarramento, escludendo liste rappresentative di pochi partecipanti al voto dalla ripartizione dei seggi, sacrificano quindi in parte la corrispondenza della composizione del Parlamento alla volontà della popolazione per favorire la coerenza ed omogeneità, e quindi efficacia, delle maggioranze, che a quel punto non dovranno trattare con formazioni forti non del proprio seguito ma semplicemente del proprio posizionamento strategico. 

 

Passiamo infine ad esaminare brevemente il metodo utilizzato per assegnare i seggi. Nei collegi uninominali il calcolo è estremamente semplice: il seggio è assegnato al candidato che raggiunga il maggior numero di voti validi, ed in caso di pareggio vince il candidato più giovane.

Il calcolo per la quota proporzionale è più complesso: una volta verificato quali liste e coalizioni abbiano superato la soglia di sbarramento si calcola il quoziente elettorale, ovvero il numero di voti necessari per ottenere un seggio, dividendo il numero totale dei voti – espressi per tutte le liste ammesse al riparto – per il numero dei seggi in palio; si divide poi il numero dei voti di lista o coalizione per il quoziente ed il risultato è, solitamente, un numero decimale, del quale la parte intera indica il numero di seggi da assegnare alla lista mentre la parte decimale, detta resto, viene comparata con quelle delle altre liste o coalizioni per assegnare i seggi rimasti “scoperti” a chi abbia i resti più alti e quindi, nell’effettuare la divisione del numero dei voti di lista o coalizione per il quoziente, si sia avvicinato di più al numero intero e quindi al seggio in più.

Questo calcolo viene effettuato su base nazionale per la Camera dei Deputati e su base regionale per il Senato; per capire chi venga concretamente eletto nei singoli collegi il calcolo viene ripetuto a livello circoscrizionale (per la Camera dei Deputati; per il Senato il calcolo è effettuato sin dall’inizio sulla base delle circoscrizioni regionali); in caso di corrispondenza si procede alla stessa operazione a livello di collegio plurinominale;  in caso di discordanza (Esempio: con il calcolo a livello nazionale al M5S vengono assegnati 20 seggi, mentre sommando i risultati circoscrizionali il numero, magari per l’assetto dei resti, è differente) i seggi eccedenti (rispetto al calcolo su base nazionale), ottenuti con il maggior arrotondamento del resto in una certa circoscrizione, vengono sottratti alla lista che ne ha ricevuti troppi ed assegnati alle liste sotto-rappresentate nella medesima circoscrizione; se nella circoscrizione non vi sono liste sotto-rappresentate allora la sottrazione-assegnazione avviene in un altro collegio in cui il resto della lista eccedente è maggiore e quindi più vicino al numero intero ed al seggio. 

Effettuate le stesse operazioni all’interno della circoscrizione per dividere i seggi assegnati alle liste tra i vari collegi, bisogna individuare nome e cognome degli eletti: prima si eleggono secondo l’ordine del listino bloccato i candidati che ne fanno parte; se la lista ha ottenuto un ottimo risultato e quindi vince, nel collegio, più seggi di quanti non siano i candidati nel listino, allora i posti vengono coperti assegnandoli negli altri collegi della circoscrizione in cui i resti siano maggiori, sottraendoli quindi ad altre formazioni che invece avranno, nel collegio in cui l’eccedente ha ottenuto un buon numero ma non può ottenere tutti i seggi avendo esaurito i candidati del listino, più eletti del dovuto; se anche dopo aver effettuato questo calcolo alla lista o coalizione spettano altri seggi si attinge prima ai non-eletti all’uninominale del medesimo collegio plurinominale, poi ai non-eletti all’uninominale della circoscrizione, in seguito ai non-eletti all’uninominale di altre circoscrizioni, ed infine ai non-eletti al proporzionale di altre liste della medesima coalizione nel collegio o circoscrizione. 

Questo complesso sistema di slittamenti ha effetti abbastanza imprevedibili per gli elettori, che potrebbero votare un certo listino nella speranza di vedere eletto il proprio candidato di riferimento e determinare però inavvertitamente, con la propria scelta nella cabina, l’elezione di una figura differente, proveniente potenzialmente da un’altra regione e da un altro partito.

Quello delle leggi elettorali è un tema di per sé complesso, ed il Rosatellum più di altre norme dello stesso tipo è caratterizzato da questa complessità: Costituzione (il cui articolo 57 impone ad esempio la base regionale per l’elezione del Senato), convenienze di parte, auto-imposte vocazioni (il maggioritarismo del centro-destra ed il tendenziale proporzionalismo di centro e centro-sinistra), la ricerca razionale di un punto di equilibrio tra volontà di assicurare la piena corrispondenza della composizione del Parlamento al voto della popolazione ed intenzione di ridurre l’eterogeneità dei gruppi parlamentari per favorire la governabilità,  portano ad ibridare sistemi e renderli più elaborati, forse più capaci di contemperare tutte le necessità oggettivamente presenti ma di certo più difficili da decifrare per un elettorato sostanzialmente disinteressato ed ormai educato alla semplificazione.

 

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