Massimo Alberti è uno degli autori più promettenti del panorama contemporaneo, per il suo essersi dimostrato al passo coi tempi e anche poliedrico. Gli abbiamo pertanto sottoposto alcune domande.
Cosa spinge a scrivere di Trieste ?
In realtà il libro La Piccola Parigi è adattabile a moltissime altre città e non solo italiane. Trieste perché è qui ove mi sono documento per portare a termine questo libro, bussando porta per porta nel rione omonimo al titolo. Molti autori cercano personaggi storici per poi romanzarci sopra, io preferisco parlare di gente comune… trovo che abbiano molte cose da dire e a volte più interessanti.
Quanto c’è di autobiografico nella sua prosa?
Molto, ma la storia non è la mia bensì di altre persone. Di biografico ci sono le sensazioni e l’amore di trasmettere qualcosa, non soltanto per compiacere ai critici da salotto ma per avvicinare lettori occasionali al mondo dei libri. Trovo sia l’unico modo per fare buona letteratura, forse faccio parte di quella piacevole accozzaglia di “scrittori non allineati”.
È stato mai paragonato ad altri autori? Se le dicessi ad esempio che in certi passaggi potrebbe avere qualcosa di Murakami?
Si è capitato ed è ovvio che la cosa mi lusinghi. Per quanto riguarda Murakami beh, non vorrei offendere né lui né i suoi accaniti fan… per il momento mi accontento di essere me stesso, è l’unico modo per aspirare a fare di più e di meglio.
Qual è il ruolo del romanziere moderno nella società attuale?
Dipende, ci sono molti adulatori del sistema e per quanto abbiano pure una buona penna, scrivono sotto le dettature “editorialmente corrette”. Poi ci sono altri che invece sono fuori coro ed forse in quei testi che troviamo una pura letteratura.
Il mezzo dei Social attualmente permette di potersi far conoscere rispetto all’era pre-social? Questo è solo un vantaggio o si intravedono aspetti negativi?
Mah, quello che so è che prima (ma ancora oggi in realtà), decidevano solo certi salotti… oggi puoi farti conoscere se sei gentile e umile con i vari lettori che trovi in rete. E già essere letti è un gran traguardo. Ma poi diciamola tutta, se hai fatto un buon lavoro degno di nota sarà il popolo con il passaparola a farti emergere (anche se il percorso è più lungo e tortuoso).
Per chi ha letto entrambi i suoi romanzi viene spontanea una domanda: com’è la situazione dell’italiano nell’Austria moderna?
Siamo due culture completamente diverse. Oggi entrambi paesi ha la gente con i soldi e se hai soldi, in genere, non crei e non hai problemi di convenienza. Ma poi io sono dell’idea di rispettare ogni cultura nel posto in cui vado, concetto lontano per certe politiche globaliste.
È in cantiere qualcosa di nuovo? Quanto nella frenesia del mondo moderno un autore riesce a dedicare alla scrittura?
Si certo, ho in cantiere qualcosa di diverso e innovativo dal punto di vista della narrazione. Quanto tempo riesco a dedicare? Beh, purtroppo con la pandemia ancora in corso c’è bisogno di essere concentrati sul lavoro che ti permette di portare il cibo al nido, quindi non molto per me.
Qual è il rapporto con la casa editrice?
Vorresti una risposta professionale ma a me viene in mente solo una romantica: gli voglio bene, mi hanno cambiato la vita. Non potrei rispondere diversamente.
Quanto incide la casa editrice sulla produzione creativa di un autore?
Nel mio caso zero. Per loro sono stato un esperimento dal punto di vista letterario. E i numeri di copie vendute gli hanno dato ragione. Per ora ho carta bianca… basta che mi muova a riempirla d’inchiostro.
Intervista a cura di Nicola Quaranta