Questa scuola è un disastro

Questa scuola è un disastro

Invece di difendere a spada tratta il governo dei migliori (presunti e presuntuosi),  invece di chiedersi come mai la riforma scolastica non sia delle migliori (è da un po’ che non se ne sforna una decente), invece di dissociarsi da partiti ormai alla frutta (venduta vicino o meno al Papeete), Ernesto Galli della Loggia fa la morale sul ruolo della scuola, criticando una delle nuove riforme del governo Draghi per quanto concerne la scuola, tesa a sgraffignare pecunia dal PNRR (piano nazionale ripresa resilienza, che rabbia questa sigla). Nello specifico questa riforma introdurrebbe dei nuovi principi valutativi rendendo la scuola più consona ai principi europei di educazione; non riguardando i programmi (carenti nel Bel Paese) ma piuttosto uniformando gli studenti alla società, correggendo e bacchettando i comportamenti non conformi e autonomi, favorendo invece quelli remissivi e cooperativi, resilienti, insomma, se qualcuno avesse capito cosa esattamente s’intenda con questo termine, lo tradurrei con “lo stato adopera i tuoi soldi per far mangiare i soliti noti, tu non reagire”.

Dalla prima de “Il corriere della Sera” il nostro si accorge che la scuola, da palestra di formazione dei cittadini, è divenuta un luogo di omologazione, o meglio “omogenizzazione”, attaccando aspramente l’introduzione delle “competenze non cognitive”, dell’ “empatia” e della “resilienza”. D’accordissimo con lui, da un po’ la scuola ha la parvenza di ricettacolo per persone impegnate più a sensibilizzare su questa o quell’altra inezia (basta vedere in quante e quali inutili perdite di tempo si rivelano le più comuni proteste scolastiche), piuttosto che a far acquisire alla pletora studentesca il modo corretto di esprimersi in italiano o un minimo di competenze utili nel mondo reale. Queste componenti della scuola sembrano più interessate a formare permalosi e accaniti fan di questa o quell’altra causa inutile piuttosto che persone felici o produttive, portando il dibattito scolastico a livello di una puntata di Uomini e Donne (programma che dovrebbe avere un avviso tipo sigarette, nuoce alla salute dei tuoi neuroni).

Questa tendenza della scuola italiana non è certo un’improvvisa e rovinosa caduta.

Una lunga agonia quella subita dalla scuola italiana, a partire dalla riforma Moratti che invece di aiutare un sistema sempre più obsoleto, ha aggiunto alla senescenza, l’inutilità dell’alternanza scuola-lavoro, che ha addirittura mietuto vittime tra gli studenti; non bisogna però incolpare una sola modifica, per esempio merita una novità di quella riforma: l’introduzione della prova INVALSI. Un mondo, quello moderno, che va verso un uso sempre maggiore di tecnologie e un corpo docenti sempre più anziano e demotivato, incapace di sostenere le sfide dell’attualità.

Bisognerebbe evitare di finanziare gli Ipad dei parenti degli insegnanti ma piuttosto formarli ad adoperare tali strumenti; il bonus docenti come il reddito di cittadinanza è una delle peggiori trovate di questi ultimi anni. 

È una critica trasversale, che non ha colore politico. La riforma, in mente, per ora a Ghizzoni è da far rizzare i capelli e rischia di essere la pietra tombale per un sistema in agonia. Ma la scuola non è solo sul lastrico dal punto di vista dell’organizzazione, infatti merita  la nostra attenzione anche lo stato delle strutture, che Dad o non Dad sono davvero pietose. Ricordiamo le vittime dei vari sismi verificatisi anche di recente per inagibilità di molte scuole. Ma anche la non presenza di una adeguata climatizzazione degli ambienti, che durante la recente pandemia sarebbe stata una valida risorsa.

Basterebbe molto poco, non sperperare i fondi per mille progetti inutili e poco edificanti che premiano solo alcuni docenti, non finanziare con varie regalie i diciotenni, sperperando soldi da investire meglio, sembra quasi che il governo voglia “acquisire” per non dire “acquistare” voti. 

Il filosofo Giovanni Gentile, autore dell'omonima riforma scolastica negli anni 20'

Il filosofo Giovanni Gentile, autore dell’omonima riforma scolastica negli anni 20′.

Bisognerebbe tornare alla riforma Gentile almeno nei principi, adattandola a quelli che sono i tempi moderni, una giusta verifica delle conoscenze acquisite, con esami per far abituare a una vita difficile studenti spesso deboli o resi deboli da un sistema che li livella verso il basso, con la scusa di rendere aperta la scuola in realtà abbassa il livello per permettere ai mediocri di andare avanti. Esportando de facto in aula il modello parlamentare. Mentre dovrebbe di sicuro valere mediocri delendi sunt, per premiare i meritevoli, o per lo meno impedire ai mediocri di rovinare il resto del gruppo. Ma di cosa ci meravigliamo , d’altronde un popolo ignorante, inconscio del proprio passato, è destinato a essere soggiogato da chi è più consapevole della propria storia e cultura, ma soprattutto a reiterare i propri “orrori”, come quello di dare fiducia a una classe politico-dirigenziale sui generis. Qui la grande forza della riforma Gentile che con tutti i limiti del caso poneva la cultura e l’identità come forza trainante della scuola, ed è fondamentale in un punto chiave che è alla base della pedagogia Gentiliana che è la libertà dell’educando, ovvero l’identità di educando ed educatore onde da ciò autoeducazione; concetto in totale contrasto con l’aberrante scuola moderna, rea di formare soldati del pensiero unico, incapaci (a causa dell’assenza di mezzi forniti) di formazione di pensieri autonomi, ma in continua ricerca di coerenza col pensiero maggioritario. Un pensiero che dà i brividi a chi è ancora un libero pensatore.

Bisognerebbe, insomma tornare al significato originario della parola scuola, che dal greco scholé (σχολή) ovvero occupazione studiosa, piacevole, un luogo dove lo studente passi il proprio tempo con piacevolezza, seguendo, nei limiti delle proprie capacità, le proprie attitudini personali.  

Nicola Quaranta

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