L’ingresso dell’Ambiente in Costituzione attira plausi e solleva critiche

L’ingresso dell’Ambiente in Costituzione attira plausi e solleva critiche

Uno degli elementi distintivi della storia politica recente della Repubblica Italiana è la contestazione del Parlamento e del Parlamentarismo inteso come degenerazione dell’esercizio delle sue funzioni: dall’incremento dell’astensione in atto dalle elezioni politiche del 1992, con la sola eccezione del voto del 2006 in contro-tendenza, all’ascesa dell’anti-politica del Movimento 5 Stelle, dal taglio dei parlamentari nel 2020 alla contestazione della condotta dei partiti nella scelta del Presidente della Repubblica; ciascuno di questi processi, al di là dell’opinione positiva o negativa che se ne può avere, è sintomo di una diffusa, anche se non maggioritaria, percezione dell’incapacità o mancanza di volontà dei partiti e della Camera e del Senato che i partiti controllano di affrontare e, eventualmente, risolvere i problemi che affliggono la comunità nazionale. Lo scorso 8 Febbraio il Parlamento ha dato però a tutti gli Italiani di buona volontà un motivo per esserne fieri: è stata approvata in quarta lettura alla Camera dei Deputati, dopo anni di tentativi e la confluenza di otto distinti disegni di legge, una modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione che introduce per la prima volta nella legge fondamentale dello Stato la tutela dell’Ambiente. 

L’articolo 9 affermava nella formulazione originaria, al secondo comma, che la Repubblica “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione”; mancando come detto una previsione costituzionale espressa la tutela del paesaggio era stata utilizzata dalla giurisprudenza, costituzionale e non, come strumento della tutela ambientale: la conservazione di paesaggi frutto dell’interazione di attività umane e dato naturale, floro-faunistico e morfologico, ben si prestava all’offrire all’Ambiente una prima forma di protezione costituzionalmente fondata. Con l’aggiunta delle parole “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali” la Costituzione offre finalmente una tutela specifica, e quindi più forte e solida, all’Ambiente in quanto tale al di là del suo valore estetico-culturale che rientrava nel perimetro del Paesaggio. Rilevante anche il riferimento alla responsabilità nei confronti delle future generazioni, che rende il testo uno dei più innovativi ed audaci al mondo. 

Il quarantunesimo è invece l’articolo della Costituzione che, affermata la libertà d’iniziativa economica, prescrive al secondo comma che questa non possa “svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e, da ieri, “alla salute e all’ambiente”. Analoga la modifica del terzo comma, che tra i fini dell’attività economica affianca ai “sociali” gli “ambientali”. Con queste modifiche anche l’articolo 41 aggiorna e rende attuale la propria funzione, spesso ignorata e contestata proprio a Destra, di indice dei limiti e degli scopi dell’attività economica che non è un bene in sé ma lo è nella misura in cui realizza interessi che l’ordinamento giuridico nazionale indica essere meritevoli di tutela.

Completato l’esame della riforma del testo costituzionale è opportuno passare in rassegna le due critiche principali all’altrimenti celebrata novità. 

Francesco Giubilei, presidente della Fondazione Tatarella e del movimento Nazione Futura, intellettuale organico al centro-destra, denuncia la modifica dell’articolo 41 come “rischio per avallare un ambientalismo ideologico che blocca il paese”, per poi redigere un articolo pubblicato su “Il Giornale” titolato “ma non penalizziamo le aziende”. Giubilei esprime un’ansia comune ad ampi settori della (fu) coalizione partitica, appiattita sin dalla nascita su posizioni di sostegno acritico alle ragioni della grande industria e del consumo continuo di beni che la tiene in vita. Che il Produttivismo e l’Economicismo continuino ad essere cifra distintiva delle forze, culturali e politiche, che si attribuiscono la rappresentanza della Destra nella sua totalità dovrebbe spingere ad una riflessione profonda le componenti dell’area che rivendicano istanze altre e più alte, coerenti con lo spirito dell’articolo 41 della Costituzione e con una tutela dell’Ambiente che non può che realizzarsi anche come limite all’attività economica, che deve essere funzionalizzata e messa al servizio del Bene Comune. 

Preoccupazione differente quella di Italia Nostra, associazione nata nel 1955 per la tutela del patrimonio storico, artistico e culturale della Nazione. Il gruppo rileva innanzitutto come già il rimedio della protezione via-paesaggio ed i successivi sviluppi giurisprudenziali offrissero, nella sua ricostruzione, un’adeguata tutela dell’Ambiente, comunque citata anche prima della riforma costituzionale dall’articolo 117 della Carta che la indicava nell’ambito del riparto di competenze tra Stato e Regioni tra le materie di esclusiva pertinenza statale; Italia Nostra ha fatto poi presente, nel proprio comunicato a riguardo, la possibilità di contrasti tra la disciplina della tutela del Paesaggio e quella, ormai pienamente autonoma anche a livello costituzionale, della tutela dell’Ambiente. L’esempio di scuola d’interferenza tra le due discipline, per rendere chiaro cosa l’associazione in questione intenda, è quello delle turbine eoliche: sicuro strumento di tutela ambientale, visto l’apporto di energia elettrica “verde” che garantiscono facendo diminuire in prospettiva il ricorso a fonti d’energia più inquinanti, sono allo stesso tempo capaci di un evidente, netto, negativo impatto paesaggistico vista la loro capacità di turbare la fruizione visiva ed uditiva di una costa marina, un pendio montano o qualunque realtà in cui insistano. Se da una parte possiamo rispondere alle prime obiezioni, quelle di natura prettamente costituzionale, affermando che una tutela dell’Ambiente è stata raggiunta grazie alla tutela paesaggistica solo lentamente ed in misura comunque incompleta, rendendosi necessaria la produzione di una nozione autonoma ed autosufficiente di Ambiente per garantirne una protezione che andasse oltre la fruizione estetico-culturale propria del Paesaggio, ci sembra d’altro canto condivisibile il timore di un contrasto tra Paesaggio ed Ambiente che si risolva, se non ora in futuro, non nel bilanciamento dei due valori e delle necessità collegate ma nella svalutazione sistematica del primo a vantaggio del secondo; se infatti difendere l’Ambiente vuol dire anche difendere condizioni di vita favorevoli alla sopravvivenza umana, il Paesaggio è invece in rapporto più diretto con la dimensione culturale, storica e spirituale di una comunità: il Paesaggio è al tempo stesso l’effetto e la causa di una realtà sociale che plasma lo spazio che la circonda venendone plasmata. Preso atto di ciò, è evidente sia che l’aggravarsi dell’emergenza ambientale possa spingere a scelte politiche più aggressive nei confronti del Paesaggio, sia che nessuno dei due interessi tutelati dall’articolo 9 della Costituzione possa essere sacrificato sull’altare dell’altro: il bilanciamento di valori costituzionali deve assolutamente giungere al punto di equilibrio che assicuri tanto la sopravvivenza della specie umana in un Ambiente integro e resiliente, quanto la sopravvivenza dello spirito umano in coste, campagne e montagne belle e fedeli alla propria identità e natura costruita nei secoli.

Monaldo Carolingio

 

 

 

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